giovedì 28 aprile 2011

Febbre

Non è quella del "Sabato Sera", tantomeno quella "dell' Oro"...non è quella "d'Amore" che dava il titolo alla melensa soap opera che allietava i lunghi pomeriggi di mia nonna nei gloriosi anni '80...Niente di tutto questo, bensì è, o meglio è stata, perchè ne sto uscendo, febbre vera, febbre nera, di quelle che ti inchiodano al letto ad annegare disgustata nel tuo stesso sudore, di quelle che ti azzerano l'appetito ma ti elevano la sete all'ennesima potenza, di quelle che trasformano termometro e tachipirina nei tuoi amici più fidati, di quelle che danno i giramenti di testa e ti costringono ad aggirarti per casa pallida e debole come dopo un tete a tete con il Conte Dracula, ridicola e tristanzuola in un vergognoso pigiama spaiato... Che sia il frutto degli ultimi apocalittici litigi risolutori, della vigilia di Pasqua trascorsa fino alle 2:30 di notte al Pronto Soccorso di zona con il pupo caduto preda della maledetta epidemia di influenza intestinale, delle tre ore e mezza trascorse martedì pomeriggio in fila dalla pediatra in una stanzetta di quattro metri quadrati con porte e finestre ermeticamente chiuse e i riscaldamenti a palla stipata di una quarantina di persone tra mamme angosciate e bambini afflitti da una serie di patologie comprendenti dal banale raffreddore alla temibile varicella....o che sia frutto di un temporaneo indebolimento del mio sistema immunitario a causa dello stress, come parrebbe testimoniare anche il prepotente ritorno della dannata psoriasi, non è dato sapere...Diciamo, però, che ho deciso di godermela un po' questa febbre, questo vitto a base di minestrina e succhi di frutta, le lunghe, vergognosamente lunghe dormite, le coccole di mio marito e di mia madre, il poter sfoggiare senza vergogna la seducente mise notturna di cui sopra, il poter tralasciare per qualche giorno quelle incombenze domestiche per svolgere le quali faccio puntualmente i salti mortali pur di non trascurare il principino di casa.
Domani si tornerà alla normalità: il seducente pigiama lascerà il posto all'altrettanto sexy tuta di impeccabile fattura cinese, le lavatrici verranno debitamente avviate, le minestrine abdicheranno a favore di pietanze più ghiotte ed elaborate.
Ma poichè ho ancora sette ore che mi separano dall'inizio di domani, voglio crogiolarmi ancora un po' in questa sublime indolenza, in questo dolce far niente che sa di latte caldo con il miele, in questa breve malattia che si è abbattuta su di me un po' come una maledizione un po' come una manna dal cielo, visto che la necessità di un po' di riposo cominciava a farsi sempre più urgente...in questa che potrei definire...mmmhh....lasciatemi pensare.....ah, ecco, ho trovato: "Febbre dell' Ozio"!

sabato 23 aprile 2011

Odi et Amo

Odi et Amo
Quare id faciam
Fortasse requiris?
Nescio
Sed fieri sentio et excrucior

......e come il poeta di Verona, il più autorevole cantore d'amore in lingua latina, anch'io sento il mio cuore dilaniato da sentimenti contrastanti e mi sorprendo di come odio ed amore siano talmente distanti da toccarsi, a volte, alle loro estremità....e che strana sensazione è, un senso di nausea, di vertigine, un coktail amaro dove l'unico conforto è la nota dolce di una lacrima, una fredda dimora dove scaldarmi unicamente di fronte alla crepitante fiamma di una rassicurante consapevolezza, la consapevolezza di amare follemente nonostante tutto, di voler lottare usque ad mortem per proteggere questo amore, la ferma convinzione che ne vale e ne varrà sempre la pena, perchè Lui, il mio Lui, è merce rara in questo mondo.
Resta un vago senso di solitudine, un fagotto di rabbia nel cuore, una pungente ventata di delusione sul viso...ma capisco sempre di più che fa parte del gioco, del gioco della vita, del gioco dell' amore, del gioco del "diventare grandi" di cui ho parlato qui... Fa un po' male, in verità, come scoprire che Babbo Natale non esiste, ma va bene così, supererò anche questo, carteggerò gli spigoli vivi del mio malumore a  colpi di saggezza e speranza, perchè anche se in questo momento un po' lo prenderei a male parole, un po' lo riempirei di baci, so perfettamente che Lui, il mio Lui, è e sarà sempre una delle più grandi benedizioni della mia vita.

martedì 5 aprile 2011

Diventare grandi

Diventare grandi significa imparare un gran numero di lezioni, non quelle trite e leziose della scuola, ma quelle dure ed indimenticabili della vita; significa imparare a cucinare, lavare, stirare, diventare una brava donna di casa; essere mamma e scoprire che l'unico vero amore che esiste al mondo, il solo che possa dirsi puro, incorruttibile e perfetto, è quello di una madre per il proprio bambino.
Diventare grandi significa imparare a rinunciare a sentirti dire "Brava!" anche in momenti come questo, in cui ce ne sarebbe davvero bisogno; significa imparare a rinunciare ad una carezza, pur sapendo che ti farebbe un gran bene; significa imparare a rinunciare ad una sana litigata, perchè nonostante tu possieda la piena consapevolezza di essere nel giusto almeno stavolta, la stanchezza ed il dispiacere ti trasformano in una bizzarra entità amorfa ed afasica, priva della benchè minima volontà di far valere le proprie ragioni.
Diventare grandi significa dover mandar giù una critica che non ti sembra affatto di meritare, dover accettare che si pensi che tu non faccia abbastanza pur venendo spronata a convincerti dell'esatto contrario dal mal di reni cronico che ti affligge e dall' immagine alquanto macilenta che vedi riflessa nello specchio.
Diventare grandi significa comprendere una volta per tutte, provando una strana commistione di sollievo e di delusione, che il rapporto di coppia perfetto non esiste, che l'amore è fatto anche di periodi bui, di compromessi da accettare, di momenti in cui non si riesce in nessun modo a rivolgersi l'un l'altro parole diverse da recriminazioni o offese, del devastante senso di solitudine e di vuoto che ne consegue.
Diventare grandi significa ricacciare indietro una lacrima, soffocare un grido di rabbia o di dolore, sospirare un po', rintanarsi nel silenzio chiassoso e confortante del proprio blog e consolarsi pensando che la giornata sta per finire e che, forse, se Dio vuole, domani andrà meglio.
Diventare grandi significa dover scrivere una lettera di dimissioni, scegliere la famiglia anzichè il lavoro, farlo con convinzione e serenità, ma sentirsi al tempo stesso terribilmente in colpa e non riuscire a capire nei confronti di chi.
Diventare grandi significa tornare un po' piccini, incedere faticosamente e con aria smarrita nella neve, come la bambina di questa foto di tanti anni fa, che poi è la giovane donna di oggi, che arranca affannosamente e teme sempre di cadere, ma si guarda intorno, vede mille impronte, un po' trema, un po' si fa coraggio...E' lungo e difficile il cammino, ma a giudicare dalla quantità di orme, devono averlo percorso in tanti...Allora, forse, posso farcela, posso riuscire anch'io a ........diventare grande.